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LICEO di LUGO

Liceo Scientifico St. G. Ricci Curbastro con sez. annessa di Liceo Classico Trisi-Graziani

foto del lenzuolo prodotto dalla classe

Nell’anno del XXX anniversario dalle stragi in cui vennero uccisi i giudici Giovanni Falcone,  Paolo Borsellino, Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Rocco Dicillo, Agostino Catalano,  Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Antonio Montinaro, Vito Schifani, e  Claudio Traina, il Ministero dell’Istruzione e la Fondazione Falcone hanno invitato le studentesse e gli studenti a riflettere su quei tragici fatti affinché il  sacrificio di chi ha perso la vita per liberare l’Italia dal ricatto criminale non venga  dimenticato. Nel 1992 Cosa Nostra dichiarò guerra allo Stato e Palermo seppe esprimere fisicamente vicinanza alle forze investigative e alla magistratura attraverso manifestazioni popolari. Vere e proprie catene umane attraversarono la città. Una rivoluzione morale mossa da un unico imperativo: vincere la mafia.

La Fondazione Falcone e il Ministero dell’Istruzione hanno inteso ricordare quegli eventi e dedicare questo importante anniversario alle Memorie di Tutti coloro che hanno perso la vita per costruire un Paese più giusto, ma anche a tutti i cittadini che, davanti all’orrore degli attentati, reagirono e non si arresero alla prepotenza e alla violenza mafiosa.

La Fondazione Falcone e il Ministero dell’Istruzione hanno invitato gli studenti ad aderire a un appello alla creatività, realizzando un lenzuolo personalizzato in ricordo dei caduti nella lotta alle mafie. I lenzuoli bianchi, che per molti anni hanno coperto le tantissime vittime della violenza mafiosa e dopo le stragi del 1992 nella città di Palermo sono diventati simbolo di un popolo che si ribella, bandiere spontanee e popolari.

Questo per sollecitare la riflessione sulle stragi di mafia e la  partecipazione alle iniziative in memoria della rivolta civile della città di Palermo, sottolineando l’importanza del lavoro corale, della  collaborazione di tutti nell’affermare i valori di legalità e giustizia: principio fondamentale anche dell’azione e del pensiero di Giovanni Falcone. Tutte le produzioni, infatti, verranno esposte nella città di Palermo, nel cuore della Palermo antica, dove sono nati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Testimonianza dell’impegno della scuola italiana che unita ricorda i  troppi caduti nella lotta alle mafie.

Ogni scuola ha dedicato la propria creazione alla memoria di uno dei caduti nella lotta alle mafie attraverso l’uso di testi, immagini o simboli a loro dedicati.  

La classe 3 BC del Liceo “Ricci – Curbastro” di Lugo, coordinata dalla prof.ssa Paola Morandi, dopo aver intrapreso un percorso di educazione alla legalità ed alla cittadinanza attiva, ha deciso di ispirarsi e dedicare la propria creazione a Rita Atria, testimone di giustizia italiana che si uccise a 17 anni, una settimana dopo la strage di via D'Amelio perché, proprio per la fiducia che riponeva nel magistrato italiano Paolo Borsellino, si era decisa a collaborare con gli inquirenti.

Rita Atria, nata a Partanna il 4 settembre 1974, è morta lanciandosi dal settimo piano di un palazzo del quartiere Tuscolano, a Roma, dove viveva sotto la protezione dell'alto commissariato antimafia. Dopo l' uccisione di Borsellino, la ragazza era caduta in uno stato di profonda prostrazione.

Rita Atria, figlia di Vito e sorella di Nicolo', entrambi assassinati dalla mafia nella guerra fra cosche rivali, aveva iniziato a collaborare con Paolo Borsellino e poi con i sostituti Alessandra Camassa e Massimo Russo, ai quali aveva rivelato aspetti ritenuti estremamente interessanti sulle cosche mafiose del trapanese e del Belice.

Il padre, Vito Atria, era stato ucciso a 42 anni in un agguato mafioso a Partanna il 18 novembre del 1985. Il fratello di Rita, Nicolo', di 27 anni, aveva subito la stessa sorte il 24 giugno 1991, ucciso nella sua pizzeria di Montevago. Le rivelazioni di Rita Atria e della cognata Piera Aiello consentirono di delineare gli scenari dalla ''guerra'' di mafia che a Partanna aveva provocato una trentina di omicidi nella faida tra la famiglia dei Ingoglia, alla quale appartenevano gli Atria, e quella degli Accardo, detti 'cannata'.

«Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c'è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci. Borsellino sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta» (Rita Atria).

 

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