Figlio primogenito di Santino Di Matteo e di Franca Castellese, Giuseppe Di Matteo nasce a Palermo, il 19 gennaio 1981.6Il piccolo Giuseppe è una vittima innocente di Cosa Nostra; la sua “colpa” fu quella di nascere in una famiglia mafiosa. La prima infanzia di Giuseppe fu felice.
Nato nell’agiatezza e ignaro dei rapporti criminali da cui la famiglia traeva il suo benessere, il piccolo Giuseppe, come era per ogni suo coetaneo, come dovrebbe essere per ogni bambino, visse spensieratamente e senza preoccupazioni di sorta, forte di una famiglia amorevole e sicuro, come sono i bambini, di avere di fronte a sé una vita ancora lunga, piena di sogni da realizzare, di possibilità da sfruttare e priva di ogni male. Giuseppe frequentò un asilo privato e fu poi alla locale scuola elementare che conobbe l’amica del cuore e compagna di avventure Mariella. In estate, era solito passare le vacanze in una casa della famiglia, a Balestrate.
La sua più grande passione erano i cavalli. Innamorato fin da piccolissimo di questi animali, Giuseppe, assecondato sempre dal nonno ( anch’egli affiliato di Cosa Nostra ), con cui aveva sviluppato un legame affettivo fortissimo, entrò presto nel mondo dell’equitazione, prima con il cavallo del nonno, poi con un esemplare da competizione per il salto a ostacoli del valore di trentacinque milioni di lire, omaggio delle potenti famiglie mafiose della zona ai Di Matteo.
Giuseppe vinse molte gare ed era considerato da tutti una promessa dell’equitazione; il suo sogno era quello di saltare nella piazza di Siena con i colori della Nazionale.Un sogno che, però, non vide mai la luce.
Giuseppe amava molto anche i videogiochi. Un giorno, un amico di famiglia, un tal Giovanni Brusca, venne a passare del tempo nella tenuta di famiglia e regalò a Giuseppe e a suo fratello Nicola una Nintendo. Ovviamente Giuseppe non sapeva che quell'uomo con cui aveva allegramente giocato, sarebbe stato colui che avrebbe posto fine ai suoi giorni di felicità e spensieratezza.
Il 23 novembre 1993, al maneggio di Villabate, il piccolo Giuseppe venne prelevato da degli uomini, che, indossando giubbotti della DIA(direzione investigativa antimafia) gli assicurarono che l’avrebbero portato dal padre. Purtroppo le cose non andarono così.
Così finì effettivamente l’infanzia del piccolo Giuseppe ed iniziò il periodo di prigionia che avrebbe caratterizzato la parte finale della sua vita.
La sua “colpa” fu quella di nascere in una famiglia mafiosa: Santino di Matteo, suo padre, aveva cominciato a collaborare con la giustizia, quando suo figlio, all’età di 12 anni, fu rapito su ordine di Giovanni Brusca, il quale intendeva ricattarlo. Brusca, dopo aver appreso di essere stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Ignazio Salvo, a cui aveva partecipato anche Santo Di Matteo, ordinò l’eliminazione, tramite strangolamento, e, infine, lo scioglimento nell’acido del corpo del giovane Giuseppe Di Matteo.
Dopo 779 giorni di sequestro, in cui il ragazzo“visse” in condizioni igieniche, alimentari e psicologiche a dir poco precarie, stremato nella mente e nel corpo, ormai privato di ogni forza, l’11 gennaio 1996 Giuseppe Di Matteo fu strangolato e poi sciolto nell’acido presso San Giuseppe Jato.
Noi ragazzi della 4BC del liceo classico di Lugo, sotto il coordinamento e l’attenta supervisione della prof.ssa Paola Morandi, abbiamo scelto di ricordare, in commemorazione delle stragi di Capaci e via D’Amelio, la triste vicenda del giovane Giuseppe Di Matteo, vittima innocente di mafia. E’ la forza generata dal contrasto tra, da un lato, l’innocenza e la purezza di un ragazzo e, dall’altro, la bestialità di un così atroce delitto, ad averci spinto in questa direzione; una direzione, questa, che implica una scelta, una risoluta presa di posizione: noi scegliamo di scendere in guerra, di combattere con le NOSTRE armi la mafia, in tutte le sue forme, che attanaglia la nostra amata Italia e il mondo in cui viviamo. La mafia è un cancro nel nostro paese e non smetteremo mai di combatterlo, accoglieremo tutti coloro che vorranno aiutarci nella lotta e non ci arrenderemo mai, fin quando non sarà completamente estirpata dalle nostre vite.